Farsi troppi Selfie è una patologia?
Nel 2014 era una fake news, ma da bufala si è trasformata in realtà. Allora si diceva che l’American Psychiatric Association (APA) aveva coniato la parola “selfitis” per descrivere un nuovo disordine mentale per la gente che si scatta e condivide ossessivamente i propri selfie (o autoscatti) online. Dopo poco tempo si è scoperto che si trattava di una notizia falsa, ma grazie alla sua viralità ha spinto ricercatori del settore a compiere nuove ricerche. E, a tre anni di distanza, si è concretizzata.
I ricercatori Janarthanan Balakrishnan della Thiagarajar School of Management di Madura, in India, e Mark D. Griffiths della Nottingham Trent University del Regno Unito hanno pubblicato un nuovo documento nell’International Journal of Mental Health intitolato “An Exploratory Study of Selfitis and the Development of the Selfitis Behavior Scale”. In breve lo studio ha creato una sorta di scala (Selfitis Behavior Scale, SBS) per classificare i vari “tipi” ossessionati dai selfie.
In primis, i ricercatori hanno individuato diversi fattori che spingono gli individui a scattare selfie in maniera ossessiva, per poi testare quanto rilevato su un campione di 225 studenti provenienti da due università indiane, classificandoli come “borderline”, “acuti”, “cronici”, i tre livelli proposti dalla bufala del 2014. Dei partecipanti il 34% è stato classificato come borderline, il 40,5% come acuti e il 25,5% come cronici. In particolare, gli uomini si sono classificati peggio delle donne.
Il 57,5% degli uomini intervistati nello studio è stato considerato come selfitis, mentre per le donne la percentuale è stata del 42,5%. Naturalmente i più influenzati dal fenomeno sono i più giovani nella fascia di età fra i 16 e i 20 anni. Il 9% dei partecipanti scatta più di 8 selfie al giorno, e il 25% di questi ne condivide almeno 3 sui canali social più importanti. Uno degli autori della ricerca è stato intervistato dal New York Post, dichiarando le seguenti parole:
“In genere quelli con la condizione soffrono di mancanza di fiducia in sé e cercano di adattatrsi a coloro che li circondano, mostrando in alcuni casi sintomi simili ad altri comportamenti potenzialmente di dipendenza. Ora sembra che l’esistenza di questa condizione mentale sia stata confermata e si spera che ulteriori ricerche saranno condotte per capire in maniera più approfondita come e perché le persone sviluppano questo comportamento potenzialmente ossessivo, e cosa si può fare per aiutare le persone che sono maggiormente colpite”.